Racconti di Natale
Riti tradizioni credenze racconti della notte di Natale
Pubblichiamo alcuni fra i tantissimi racconti presenti nel nostro Archivio; quando finalmente il progetto Museo troverà la sua realizzazione, potremo iniziare il processo di catalogazione e allora sarà più semplice trovare sulla base di singole parole chiave i racconti presenti; questi qui pubblicati sono una minimissima parte anche di quelli relativi al Natale.Il testo è trascrizione della testimonianza orale raccolta da quelli che al momento erano studenti, per lo più del Politecnico di Torino, ed ora saranno professionisti affermati in chissà quale parte d’Italia o del mondo (se volete potete farvi vivi compilando magari al momento la form di contatto!). I racconti sono stati scelti con l’intento di rappresentare alcune delle più diffuse tematiche del Natale, ma con il limite di non aver letto tutto il materiale presente. Provengono dalle seguenti provincie: Novara, Vicenza, Reggio Calabria, Cuneo, Lucca, Torino, Aosta.
Recetto (NO)
Era il giorno di Natale, e allora è andato a caccia, il Budìn, è andato a caccia il giorno di Natale, il giorno di Natale andare a caccia, è festa! Così, no? Vede una lepre, lui punta, punta la lepre, quella lepre si gira, si alza: “Fermo Budìn che è il dì di Natale!” E lui non gli ha sparato.
Tesi di laurea di Lorenza Bellini intervista a Graziano Umberto
Dueville (VI)
Lo sapevi che la vigilia di Natale si metteva su la sôca, nel focolare, per scaldare Gesù Bambino quando nasceva? Per la notte. La mettevano in parte quando tagliavano le piante, la mettevano in parte: “Questa qua, la bruciamo la vigilia di Natale!”. […] è un bel pezzo grosso che ardeva tutta la notte, così quando nasceva Gesù Bambino, lo scaldava.
Sôca: primo pezzo dell’albero appena sopra le radici, il ceppo.
Tesi di laurea di Lorenza Bellini intervista a Ramina Serafina
Molochio (RC)
C’era mia zia che toglieva il… malocchio, mi diceva andiamo da Nata, la Fortunata che è capace a togliere il malocchio. Allora mia zia cosa faceva? Andavi lì gli dicevi: “Zia ho mal di testa!” “Forse hai il malocchio!” “Sii bacchia-ta” proprio in detto calabrese, e allora lei fa… prendeva un piatto, metteva dell’acqua dentro e… un bicchiere con un po’ d’olio, allora lei te lo passava solo sulla testa, sulle gambe, te lo passava intorno… tutto intorno no? E diceva delle preghiere, preghiere che nessuno conosceva, le conosceva solo lei, che tu a tua volta se le volevi imparare a fare quelle preghiere lì, a dire quelle preghiere lì dovevi imparare solo la notte di Natale, la notte di Natale andavi lì le dicevi: “Zia io voglio imparare a… a togliere il malocchio!”, andavi lì, e cioè praticamente lei ti toglieva questo… ti passava questo piatto e poi metteva delle gocce nel piatto, nell’acqua, le prendeva col mignolo, così, la goccia andava giù, se andava giù e non si espandeva allora tu non eri adocchiata tu non avevi il malocchio, quindi il tuo mal di testa magari era perché non… così non stavi bene, se invece l’olio si espandeva per tutto il piatto tu eri adocchiata, tu avevi il malocchio, allora lei… tre gocce bisognava mettere… se alla terza goccia lei non riusciva a raccogliere il malocchio, cioè la goccia… beh ti diceva: “Non sono riuscita a togliere il malocchio dovrai tornare domani!” Le gocce, lei ne buttava tre e mentre metteva queste tre gocce faceva dei segni, della croce, non so, diceva qualche cosa, delle preghiere… però se alla terza goccia si espandeva ancora lei non era capace a togliere il malocchio, quindi te lo doveva rifare, domani o stasera o…doveva rifare. Invece se lei riusciva, la terza goccia cadeva e non si espandeva più allora tu… è riuscita a toglierti il malocchio.
Tesi di laurea di Lorenza Bellini intervista a Ambesi Matilde
Envie (CN)
“Erano delle specie di streghe no, che qui vivevano ad Envie, lì vicino a… come si chiama… Bagnolo, quelle parti lì. Vivevano lì, però arrivavano solo in certi periodi dell’anno, ora non ricordo se… se arrivavano a Carnevale, se arrivavano a Natale, non…
Erano piccoli, delle cosine solo piccole, brutte, e avevano dei figli bruttissimi, e nella notte cercavano di andare a rubare i bambini dei… i bambini nostri perché erano più belli e lasciavano al posto quelli.
E dice che le riconoscevi, te ne accorgevi quando c’erano perché lavavano (levavano?) gli abiti, avevano degli abiti tutti stracciati, così… e li mettevano sui cespugli. Vedevi tutti questi straccetti, allora capivi che c’erano le masche. Ma vivevano attorno al castello, al Castello di Envie. Poi dice che c’era un… uno che gli avevano rubato un bambino, un signore. E allora dice che questo qui ha preso una… come si chiama quella che taglia… la roncola, quella fatta a mezzaluna, così… è la roncola, ed è andato davanti alla casa dove vivevano queste qua e ha cominciato a gridare che gli tagliava la testa se non restituivano… e allora dice che loro sono molto paurose: “Ah, sì, sì, non faccia così, non faccia così”, “Ah, perché vi taglio la testa e vi do fuoco”, loro mi pare che han paura di morire per il fuoco. E allora gli han fatto ritrovare il bambino, gliel’hanno riportato, perché lui è andato su con questa scimmiettina, con questo bambinetto brutto, e gli ha detto: “Vi prendete vostro figlio e mi ridate il mio”
Ricerca Antonella Sarli
Racconigi (CN)
“Una volta andavano a prendere negli stabii (stalle cioè) – ma ero giovane io, io non c’ero… i miei raccontavano… -, andavano alla Pegera, la Pegera ci passi davanti, è dove vendono le scarpe…Io non c’ero… lì c’era una cascina, c’era la Cornaglia, Dalmasso e Audisio… allora andavano… e prendere… Era sotto… erano otto giorni prima di Natale… raccontavano le storie, giocavano a buru (gioco con le carte cioè)… D’ogni modo, quando sono state le undici sono andati via, ma allora non c’erano le piante… c’era solo la leia (viale cioè)… Alla Pegera andavano a piedi perché non c’era nessuna bici… niente… Prima del distributore c’erano tutti i paracarri e c’era un agnellino che saltava da un paracarro all’altro… è arrivato sotto la leia, poi è arrivato a metà della leia, lì dove c’è il “Maxisconto”, e gli diceva… – l’altro aveva preso l’agnellino e l’aveva messo di traverso… -, e gli diceva: “Tienilo stretto, che lo mangiamo a Natale!”… Ed è arrivato quasi alla fine della leia e sente dire: “Marieta, strangolalo!”. E ce n’era uno davanti – perché non c’era nessuna luce -, uno dietro… Uno davanti, l’altro dietro e l’altro in mezzo con l’agnello… e diceva “Marieta, strangolalo!”… e lui si è fermato e ha detto all’altro: “Hai parlato?”, e l’altro: “No”, “Eppure…”, “È ora che lo strangoli!”, e quello lì ha cominciato a dire: “Qui non siamo a posto…”; allora è andato un po’ avanti… un momentino dopo è saltato via (l’agnellino cioè)… e loro sono scappati di
disperazione… E per forza, perché: “Strangolalo, strangolalo!”, e hanno avuto paura… l’hanno buttato via e non l’hanno più visto… sparito…”
Ricerca Marta Tavella intervista a Antonio Panero
Roggio – Vagli di Sotto (LU)
“(…) Erano stati a Roggio contadini. C’era una strada per andare a Roggio, che c’era un fosso. Era la sera di Natale. Quando fu lì a questo fosso, vide un bimbino. E diceva: “Pigliami in braccio” a quest’omo. Quest’omo andava a fare l’amore a Roggio, aveva la fidanzata e anche la sorella. Allora trovò il bimbino che gli diceva: “Pigliami in braccio”. E lui diceva: “Chi ti ha portato qui, una creaturina!”. “Pigliami in braccio”. “Però, disse quest’omo, non mi pisciare addosso”. E una voce disse: “Pisciagli addosso, pisciagli addosso”. Allora quest’altro, il bimbino, gli rispose:”Non posso perchè ha il filo di Natale
addosso”. (…) E il bambino era il diavolo, lui lo buttò via, lo vide giù per il fosso fiamma e fuoco”.
Alberto Borghini
Coazze (TO)
“L’albero di Natale. Una mamma con i figli la vigilia di Natale pulisce tutta la casa, scopando manda via tutti i ragnetti e i ragni che ci sono in casa, una casa di campagna; poi preparano l’albero di Natale per la festa. Alla sera quando vanno a dormire, i ragnetti rientrano a vedere cosa era successo, perché erano stati buttati fuori, e vedono questo immenso albero tutto addobbato con le palline e le luci e tutto – con le candeline, perché una volta c’erano solo le candeline -, si arrampicano sull’albero per vedere cosa era successo, soltando che camminando hanno lasciato tutto… la… il filo di seta su tutti i rami. A mezzanotte, quando passò Gesù Bambino e vide questo albero tutto pieno di ragnatele gli dispiacque e toccandoli diventarono tutti fili d’argento: è come adesso si addobba l’albero di Natale”.
Ricerca Giampiero Gamba intervista a Sergio Ricca.
Cogne (AO)
“Si raccontava che allora all’Erfolet ci fosse il villaggio, praticamente era il più abitato da Cogne, e la chiesa parrocchiale si trovava al Crêt, sopra Lillaz, e si racconta che la notte di Natale una ragazza partendo appunto dall’Erfolet per andare a messa sola, incontrasse cammin facendo un serpente e… attorcigliato attorno ad una pianta, e lei, naturalmente, spaventatissima si è ritirata mentre il serpente la chiamava: “Ragazza, non aver paura di me, io sono semplicemente un’anima in pena che non ho… che ho fatto un grande peccato buttando via un pezzo di pane benedetto e sono stata maledetta da Dio e sono condannata a strisciare per terra per lunghi anni. Tu dovresti farmi il piacere, andare a messa, quando fai… quando il sacerdote ti darà il pane benedetto, prendine un piccolo pezzo anche per me, e quando riscendi, sempre sola… tu, visto che sei molto buona e devota, sei l’unica che potrai salvarmi”. E la ragazza, insomma si è impietosita di questa bestia così supplicante, è andata a messa, ha fatto la sua comunione, e come… come il serpente le aveva detto, ha preso un piccolo pezzo di pane. Scendendo, il serpente l’aspettava al solito posto dove… dove l’aveva vista nell’andare, gli buttò un pezzo di pane nella bocca che lui teneva aperta e in quel momento si vide una luce, e finalmente quest’anima che era stata condannata da Dio si era liberata, e la ragazza vedendo questa luce era… era realmente più convinta di aver fatto un’opera buona e di aver salvato un’anima.
(…) L’Erfolet è sopra la Valnontey, mentre invece il Crêt è a sei ore di cammino dall’Erfolet, dalla parte di Lillaz. Qui si parla di settecento anni fa, la chiesa parrocchiale di Cogne sorgeva sulle alture del Crêt, e gli abitanti dell’Erfolet in Valnontey. Perché proprio l’Erfolet era il villaggio chiave, era il più abitato”
Ricerca Giovanna Gallesio intervista a Sergio Guichardaz
Gaby (AO)
“Un’altra volta lì a Gaby… dove c’è il ristorante “Cavallo Bianco”… han combinato di ballare la notte di Natale… il prete non era d’accordo naturalmente… anzi, allora… guai ballare… oggi non dicono più niente, ma allora… veniva fuori sul bolettino e alla predica successiva… comunque, niente… lì han voluto ballare e a un certo punto… i musicanti si sono fermati… han detto che vedevano il diavolo ballare insieme… in mezzo alle coppie…”
Ricerca Matteo Calcamuggi intervista a Claudio Bastrentaz
Gressoney (AO)
“Poi c’è quella della mezzanotte… mezzanotte di Natale… quando suonano le campane a Lillianes si dice che… per esempio su nella grotta di Barma Roussa (?)… si aprono tutti i tesori del diavolo… che ha nascosto… e tu… mentre suonano i dodici rintocchi… riesci a vederli e a portarteli via… e tu non devi essere a messa… devi essere lì… e aspettare i dodici rintocchi… perché in quei dodici rintocchi… perché in quei dodici rintocchi si aprono le porte… tu puoi entrare e portarti via quello che vuoi… però solitamente il diavolo è più intelligente… di quello che pensi te… ti fa credere che mezzanotte è già passata… perché magari tu dormi e ascolti se senti le campane… tu senti suonare le campane e invece non sono le campane giuste… sono quelle del diavolo che tanto è già passata mezzanotte… e tu arrivi magari giù in paese e la gente si sta preparando per andare a messa e tu hai perso l’occasione… perché il diavolo è più furbo di quello che pensi”
Ricerca Matteo Calcamuggi intervista a Erika Vallomy
Viola (CN)
“Tornati dalla messa di mezzanotte, a Natale, una volta davano da mangiare alle bestie – perché una volta ci sono state le bestie che si sono messe a parlare – facevamo cuocere l’avena. Sì, dicevano che una bestia aveva parlato, e diceva all’altro: “Alzati sottròn (?), che è morto il padrone”, perché non gli aveva dato da mangiare… perché forse quella notte lì è quella notte più lunga. Mio padre andava a prendere il fieno là sopra dove avevamo il fieno, andava a prenderne una bracciata e prima
di prenderne lui andava a darne alle bestie. (…) Perché una volta uno, che fosse il bue o l’asino… ha detto all’altro: “Alzati sottròn (?), che è morto il padrone!” ”
Tesi Alessandro Fenocchio intervista a Maria Rossi.
By Valpelline (AO)
“Poi mi ero dimenticato un’altra storia, la leggenda di By, a By c’è una conca bellissima, era abitata tutto l’anno, però è molto in alto. Dicono che una vigilia di Natale andavano su dei muli portando su il necessario – perché per andare lassù ci voleva – sono andati su insieme a dei suonatori di fisarmonica, hanno suonato e ballato tutta la notte, e hanno fatto tutto il giorno di Natale, senza un segno di pietà, di devozione, allora dopo il villaggio è bruciato probabilmente per cause naturali però, insomma la gente aveva sempre questa visione così. È bruciato e da allora non è più stato abitato tutto l’anno”
Tesi Lorenzo Bona intervsta a Maria Cerise.
Ayas (AO)
“Era la vigilia di Natale e Rosa Vescoz, santa donna di tanti anni fa, scendeva da Magneaz verso Ayas, per assistere alla messa di mezzanotte, annunciata da un festoso scampanio.
La strada che Rosa doveva percorrere, per recarsi in chiesa, passava accanto ad un vecchio mulino. La gente diceva vi abitasse il demonio, perciò la donna, appressandosi, si fece un segno di croce.
In quello stesso istante, un serpente le si parò innanzi, sbarrandole il cammino. Rosa istintivamente sentì che non doveva averne paura; nè si turbò, quando il rettile con voce umana la pregò di portargli, di ritorno dalla sacra funzione, un pezzo di pane benedetto.
Capì che la pelle di serpe imprigionava un’anima in pena: l’avrebbe aiutata a liberarsi dalle sue sofferenze, anche se non le fosse stato prospettato alcun compenso.
Come ebbe gettato nelle fauci spalancate dell’animale il pane che aveva piamente serbato, assistette ad una prodigiosa metamorfosi: abbandonate le spoglie ripugnanti di serpente, l’anima, in veste di bianca colomba, si librò a volo, puntando dritta al cielo.
Rosa Vescoz ebbe la ricompensa che lo spirito le aveva promesso: una casa, un marito e… due dozzine di robusti figlioli”.
Castagnola di Minucciano (LU)
“Era la vigilia di Natale e questo qui andava a macinare le castagne perchè doveva far festa. Venne a casa, mangiò e tornò giù, c’era una capra che gli mangiava la farina e con i corni gli fermò la macina e diceva che era il diavolo”
Ricerca Alberto Borghini
Garfagnana (LU)
C’era un mugnaio che era molto attaccato ai soldi e per guadagnare di più lavorava anche la Domenica.
La sua moglie gli diceva che se non fosse stato un po’ più religioso il Diavolo se lo sarebbe portato via.
Ci fu un anno che piovve molto poco e non guadagnò molto. Questo mugnaio, allora, decise di lavorare anche a Natale.
Il mugnaio macinava la farina e la metteva nei sacchi, metteva sempre la stessa quantità ma passava sempre più tempo.
Allo scoccare della mezzanotte la ruota non girava più, poi vide il Diavolo che soffiava il fiume dall’altra parte.
L’uomo rimase terrorizzato e da quel giorno non lavorò più.
Ricerca Luca Crudeli intervista a Marzia Cassettai
Fornovolasco di Fabbriche di Vergemoli (LU)
Verso Fornovolasco, lungo quel torrente lì, nella Turrite, era rimasta sola una donna, aveva due figli e macinava, la notte di Natale, perché non ce l’avrebbe fatta altrimenti a tirare aventi, macinava e a una cert’ora della notte si sentì bussare a questo mulino, andò ad aprire, era un giovane, dice:”E’ lei signora che macina?” “Si!”dice, “Ma a quest’ora?” “Eh… m’è combinato a quest’ora!” e c’aveva questi ragazzi lì insieme e a lei gli venne osservato da cima i piedi… e aveva i piedi da vacca, al posto d’avere le scarpe c’aveva gli zoccoli delle vacche.
E lei, a quel tempo poi avevano paura, dice: ”E’ il diavolo! Perché ho macinato…” Si mise subito in allarme e si accostò ai su’ figlioli, ché i figlioli vengono sempre protetti…
Allora questo se n’accorse che lei l’aveva scoperto, e disse: ”Perché sei fra la tua verginità, se no vedevi di festa lavorare!”. Ecco, le avrebbe fatto qualcosa, disse che l’aveva salvata la sua verginità e questi due bimbi perché dice: ”Se no lo vedevi di festa lavorare!”
Ricerca di Ilaria Giannotti e Patrizia Pieroni; intervista a Antonietta Marroni