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Cacciatori raccoglitori dell’immaginario folklorico

Pubblichiamo qui un riassunto del testo “Cacciatori raccoglitori dell’immaginario folklorico”, redatto da Pietro Mannari.

Il documento (che trovate al termine di questa presentazione) è una traccia di lavoro utilizzata per gli interventi dell’autore all’interno del progetto “Storie in circolo”. Non si tratta di un elaborato definitivo, ma di uno strumento “in fieri” (in divenire) e parziale, propedeutico all’intervista antropologica finalizzata alla raccolta di frammenti dell’immaginario folklorico.

Prima parte: definizioni e contenuti

Il testo definisce prima di tutto l’oggetto di studio:

  • L’oggetto: È l’immaginario folklorico, descritto come una specifica parte del patrimonio culturale immateriale.
  • La tradizione orale: L’immaginario folklorico appartiene alla tradizione orale, che è il sistema di trasmissione del patrimonio culturale esercitato attraverso l’oralità, senza l’uso della scrittura.
  • Definizione di “immaginario folklorico”: È l’espressione culturale del fantastico in ambito popolare. Comprende un vasto repertorio di racconti, credenze, simboli e tradizioni tramandato oralmente nei ceti contadini e montanari.
  • Contenuti: Nell’immaginario folklorico si trovano racconti e attestazioni su personaggi particolari come streghi, linchetti, buffardelli, folletti, fantasmi, fate, lupi mannari e il diavolo.
  • Caratteristiche: Queste “figurazioni meravigliose” viaggiano nel tempo e nello spazio. Spesso assumono nomi locali (es. Baffardello), ma le loro caratteristiche sono simili a quelle di altre figure in altre regioni e possono risalire fino ai miti antichi. Molte di queste storie non hanno un genere letterario definito e vengono classificate dal Museo come “racconti informali”.
  • Il Museo: Il Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico (Centro di Documentazione della Tradizione Orale di Piazza al Serchio) si occupa di raccogliere, catalogare, conservare e restituire questo patrimonio.

Seconda parte: metodologia della raccolta

Questa sezione affronta le metodologie di raccolta dei racconti.

  • L’importanza dell’intervista: L’intervista è considerata l’unico mezzo rimasto per indagare queste tradizioni, poiché i contesti “naturali” in cui venivano prodotte (specialmente dal secondo dopoguerra) sono ormai scomparsi.
  • Tipi di intervista: L’intervista può essere più o meno formale o strutturata, singola o di gruppo, in luoghi pubblici o privati.
  • Come strutturarla: Un’intervista utile potrebbe combinare domande libere (es. “mi racconta una storia…”) con domande “stimolo” più mirate. È fondamentale raccogliere anche i dati anagrafici dell’informatore e sapere dove, quando, da chi e in che contesto ha appreso la storia.
  • Attenzioni per l’intervistatore:
    • Soggettività: L’intervistatore deve essere consapevole della propria soggettività, che è un “imprescindibile filtro” e deve essere resa strumento di metodo.
    • Scopo: Bisogna avere chiarezza sullo scopo della raccolta, per non trasmettere “caos” all’interlocutore.
    • Centralità dell’interlocutore: L’intervistato è la persona centrale, “enormemente più competente” e degna di rispetto. Lo scambio deve avvenire in un clima sereno e spontaneo.
    • Trasparenza: L’interlocutore deve sapere chi siamo e le motivazioni del nostro interesse.
    • Evitare di indurre: L’intervistatore non deve mai guidare o indurre l’intervistato verso le risposte che desidera rintracciare (es. “è sicuro che il serpente non fosse alato?”).
    • Inclusività: Non si deve privilegiare solo il “narratore talentuoso”. Ogni singola individualità è “voce popolare” e ogni voce va testimoniata.
    • Il diario: È utile tenere un diario per appuntare ciò che sfugge alla registrazione, come l’emotività dell’interlocutore, le proprie sensazioni e le condizioni dell’intervista.

L’autore conclude “tirando le somme” e dichiarandosi soddisfatto della qualità dei lavori di raccolta e trascrizione prodotti dai partecipanti al progetto. Essi sono riusciti a usare la propria soggettività come strumento d’indagine. Il testo si chiude ribadendo il bisogno continuo di “cacciatori raccoglitori del folklore”.