Oltre la trama: la sintassi nascosta del conflitto nelle fiabe
Nello studio delle tradizioni orali e letterarie, la fiaba è da tempo un terreno fertile per l’analisi strutturale. Andando oltre la semplice catalogazione di motivi e funzioni, un recente saggio di Alberto Borghini ed Enrichetta Dallari, “Schemi concessivi in alcune sequenze fiabesche e la posizione sintattica dell’antagonista e dell’adiuvante”, propone un’affascinante chiave di lettura linguistico-semiotica. Gli autori non si limitano a identificare cosa accade nella fiaba, ma indagano come la narrazione si struttura a un livello logico-sintattico profondo, rivelando un modello ricorrente che ha implicazioni significative per la nostra comprensione della “macronarrativa” culturale.
Il cuore della tesi di Borghini e Dallari risiede in un’elegante dinamica tra due tipi di relazioni logiche: la causale e la concessiva.
Una relazione causale stabilisce un’aspettativa prevedibile: “Poiché piove, prendo l’ombrello”. Molte fiabe, sostengono gli autori, iniziano con una causale positiva implicita: “Poiché il re si innamora della fanciulla e ottiene il suo consenso, allora si celebrano le nozze”. Questo crea un’attesa di felicità e stabilità.
La concessiva, al contrario, rompe questa aspettativa: “Benché piova, non prendo l’ombrello”. È la “frattura logica”, il “corto circuito sintattico”. È qui che la fiaba introduce il conflitto.
Il modello identificato da Borghini e Dallari è quello di una “doppia concessiva complementare e inversa”. La narrazione si muove come segue:
- Causale positiva iniziale: La situazione è felice o destinata alla felicità (es. l’eroe sposa la principessa).
- Prima concessiva (negativa): L’aspettativa positiva viene bruscamente ribaltata. L’intervento di una forza ostile trasforma la situazione da positiva a negativa.
- Seconda concessiva (positiva): La nuova situazione negativa (che ora crea un’aspettativa causale negativa, es. “poiché è condannata, morirà”) viene a sua volta ribaltata, ripristinando definitivamente la condizione felice.
La vera intuizione antropologica del saggio sta nell’assegnare un ruolo sintattico preciso ai personaggi chiave. L’Antagonista e l’Adiuvante (l’aiutante) non sono semplici ruoli, ma “chiavi di volta” e “punti-cardine” di questa trasformazione sintattica.
- L’Antagonista (es. la regina madre in I dodici fratelli o il re in Il grifone) è il perno dinamico che genera la prima concessiva. È la funzione che provoca la rottura dell’attesa positiva, volgendo la trama al negativo.
- L’Adiuvante (es. i fratelli-corvi o gli aiutanti e i mezzi magici) è il perno dinamico che genera la seconda concessiva. È la funzione che interviene per rompere l’aspettativa negativa, determinando il lieto fine e il ripristino dell’ordine.
Gli autori forniscono così un’interpretazione sintattica della funzione stessa di questi personaggi. L’Antagonista è la crisi (la prima concessiva); l’Adiuvante è la risoluzione (la seconda concessiva).
Borghini e Dallari dimostrano la robustezza del loro modello applicandolo a diverse fiabe dei Grimm, come I dodici fratelli, Il grifone e I tre capelli d’oro del diavolo. Quest’ultima fiaba, notano, reitera addirittura lo schema più volte.
Significativamente, il modello si dimostra valido anche al di fuori del canone letterario, applicandosi alla tradizione folklorica orale. Nell’analizzare la fiaba lucana di Angiolella, gli autori notano una variazione interessante. La fiaba non inizia con una situazione positiva, ma marcatamente negativa: l’eroina è sfortunata. In questo caso, manca la prima concessiva (non c’è un’aspettativa positiva da rompere). La narrazione utilizza quindi solo la “concessiva ‘di ritorno'”. L’intera trama diventa: “Benché la fanciulla sia segnata dalla sfortuna [situazione negativa], tuttavia, tramite l’aiuto degli adiuvanti (le fate e il mezzo magico), riesce a sposare il reuccio”.
Questa flessibilità suggerisce che lo schema causale-concessivo non è una formula rigida, ma un potente strumento logico che le culture utilizzano per strutturare narrazioni di crisi e risoluzione, adattandolo a diversi punti di partenza.
L’analisi di Borghini e Dallari offre un contributo prezioso. Trasponendo l’analisi dal catalogo delle funzioni (à la Propp) alla logica delle loro relazioni, ci forniscono un “motore” sintattico che spiega perché le fiabe si sentono così strutturalmente inevitabili.
Per l’antropologia, questo approccio apre una nuova via per comprendere come le strutture narrative non solo riflettano i valori culturali (il bene trionfa sul male), ma incarnino i processi cognitivi fondamentali con cui l’uomo organizza l’esperienza: l’aspettativa (causale), la crisi (la prima concessiva) e la risoluzione mediata (la seconda concessiva). La fiaba, vista attraverso questa lente, diventa la grammatica stessa della speranza e del superamento delle avversità.
Leggi il saggio cliccando qui.
Se vuoi puoi vedere una presentazione del saggio stesso qui di seguitoo.
