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L’astuzia come capitale:

“Gallina Secca” e l’economia della sopravvivenza nel folklore toscano

Prosegue la pubblicazione delle fiabe, Alessandro Bertolucci racconta Gallina Secca, in una delle sue versioni: https://open.spotify.com/episode/3FIicFBGAquLlt67yhTeKt?si=UIueC51aRD-MCBdmATyVjA

Introduzione: Oltre la Favola

Il racconto popolare toscano de “La Gallina Secca”, sebbene spesso relegato al repertorio dell’infanzia, rappresenta un denso testo culturale. A un’analisi antropologica, la fiaba trascende la semplice morale edificante per rivelarsi come un sofisticato “manuale di sopravvivenza” radicato nelle ansie e nelle strategie di un’economia di sussistenza. La storia, che vede una protagonista debole e “improduttiva” trionfare su due distinte minacce (il padrone e il predatore), non celebra la virtù, ma codifica il valore pragmatico dell’astuzia (l’ingegno) come forma primaria di capitale sociale e individuale.


1. Il Contesto: L’Economia Morale della Fattoria

La fiaba stabilisce immediatamente la sua arena: la fattoria, intesa non come idillio bucolico, ma come spietato sistema produttivo. La protagonista, “Gallina Secca”, è definita dalla sua mancanza: è secca, non fa uova, non è “utile”. Nel mondo contadino pre-industriale, l’inutilità è una condanna a morte. La decisione della contadina di trasformarla in brodo non è un atto di crudeltà, ma una logica conseguenza economica.

Questo contesto definisce il peccato originale della gallina: il fallimento produttivo. Non potendo competere sul piano del valore materiale (carne, uova), la protagonista deve spostare il confronto su un altro terreno: quello della narrazione e della gestione del tempo.


2. La Gallina come Archetipo del “Trickster” Subalterno

Di fronte all’estinzione economica (la padrona) e a quella naturale (la volpe), Gallina Secca incarna l’archetipo del trickster (l’imbroglione) nella sua forma più pura e subalterna. È l’archetipo dell’essere marginale e privo di potere che, attraverso l’intelligenza verbale, sovverte la gerarchia.

La sua strategia è identica in entrambi i confronti:

  1. Riconoscimento della Realtà: Ammette la propria attuale inutilità (“Sono secca, è vero”).
  2. Creazione di Valore Futuro (Ipotetico): Promette un guadagno differito e magnificato (“Mi lasci andare in montagna, tornerò grassa e con tanti pulcini”).

La gallina, in termini economici, non vende un prodotto, ma un future: un contratto a termine basato su un valore futuro che lei sa essere fittizio. La sua unica risorsa è la parola, e la sua abilità è quella di creare uno scenario in cui la gratificazione differita sembra più vantaggiosa per il suo avversario.


3. La Volpe e la Fallacia del “Certo per l’Incerto”

L’incontro con la volpe è il nucleo pedagogico della fiaba. Se la contadina rappresenta la logica economica interna alla società, la volpe rappresenta la legge della natura, altrettanto spietata. Anche qui, la gallina applica la medesima strategia verbale.

La volpe, tradizionalmente simbolo di furbizia, viene qui ritratta come vittima di un errore di calcolo fondamentale: l’ingordigia. La fiaba mette in scena la dialettica tra un guadagno piccolo ma certo (mangiare subito una gallina magra) e un guadagno grande ma incerto (un banchetto futuro di polli grassi).

La sconfitta della volpe non è fisica, ma cognitiva. È accecata dalla prospettiva di un profitto massimizzato e fallisce nel valutare correttamente il rischio dell’investimento. La fiaba, quindi, funge da ammonimento: non è un insegnamento morale sul non essere avidi, ma un’istruzione pragmatica sulla gestione del rischio. La volpe è “sciocca” non perché cattiva, ma perché si è lasciata ingannare, violando la massima popolare che impone di “non lasciare il certo per l’incerto”.


Conclusione: La Parola come Strumento di Potere

“Gallina Secca” non è una fiaba sul bene e sul male. La protagonista mente, inganna e manipola per salvarsi la vita. Non viene premiata per la sua bontà, ma sopravvive grazie alla sua intelligenza.

Per una comunità rurale abituata a negoziare quotidianamente con la scarsità, i predatori e le gerarchie sociali rigide, questa fiaba offriva un modello di azione. Insegna che, in assenza di potere materiale, economico o fisico, la padronanza della lingua, la capacità di leggere le debolezze dell’avversario (l’avidità della volpe, la logica produttiva della contadina) e l’abilità di costruire narrazioni persuasive sono l’unica, e più potente, forma di capitale.

La fiaba celebra il trionfo dell’intelligenza analitica sulla forza bruta e sulla razionalità economica miope, fornendo una lezione vitale per chiunque si trovi in una posizione di svantaggio strutturale.