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Cicco Petrillo, o l’economia dell’ansia

Analisi folklorica di una tragedia inesistente

Nuova fiaba pubblicata, Alessandro Bertolucci racconta Ciccio Petrillo, nella versione raccolta a Sillano: https://open.spotify.com/episode/5vv36WnnqOuzPowsWN81pY?si=uaXfiXyCSGWWF1UhVj1y5A

Introduzione: L’Archetipo dell’Assenza

Nel vasto panorama del folklore italiano, magistralmente catalogato da Italo Calvino, la fiaba romana “Cicco Petrillo” (Tipo 1381C* nel sistema di classificazione Aarne-Thompson-Uther, “La ricerca di persone più sciocche”) occupa un posto di singolare rilevanza antropologica. A prima vista, potrebbe essere liquidata come una semplice “storia di sciocchi” (o numskull tale), un aneddoto comico sull’irrazionalità umana. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela un sofisticato meccanismo culturale per la gestione dell’ansia proiettiva, della mortalità e delle tensioni insite nella creazione di nuovi nuclei familiari.

Il protagonista della fiaba, d’altronde, non è un eroe, né un antagonista. Cicco Petrillo non esiste. È un’ipotesi; un costrutto speculativo che funge da catalizzatore per il vero nucleo tematico della storia: la paura del futuro.


1. Il Dramma Preventivo: La Cantina come Spazio Liminale

La narrazione si innesca in un momento di transizione per eccellenza: un banchetto di nozze. La sposa, scendendo in cantina – uno spazio sotterraneo, liminale, legato al sostentamento ma anche al recondito – non trova solo il vino. Trova un pretesto per il panico: un attrezzo appeso al soffitto.

Il suo ragionamento, che la porta a immaginare la nascita, la crescita e la morte accidentale del suo futuro figlio (il “povero Cicco Petrillo”), è un esempio lampante di ansia proiettiva. La sposa non piange per un evento, ma per una possibilità.

Da un punto di vista antropologico, questo comportamento non è solo comico, ma è il riflesso di ansie sociali profondamente radicate:

  • Mortalità Infantile: In un contesto pre-moderno, la morte dei bambini era una realtà statistica. La paura della sposa, sebbene portata all’assurdo, attinge a un terrore collettivo e storicamente fondato.
  • Transizione di Ruolo: Il matrimonio segna il passaggio della donna da figlia a moglie e, potenzialmente, a madre. L’ansia per Cicco Petrillo è l’ansia della performance in questo nuovo, gravoso ruolo sociale.

L’elemento più affascinante è il contagio. La madre e il padre, figure dell’autorità e della generazione precedente, non razionalizzano la paura della figlia, ma la validano e la amplificano. Il pianto collettivo per Cicco Petrillo trasforma un’ansia individuale in un rito di cordoglio preventivo, un’espressione grottesca di solidarietà familiare.


2. Lo Sposo come Agente di Logica

L’irruzione dello sposo in questa scena rappresenta lo scontro tra due sistemi di valori. Egli è l’elemento “esterno” al nucleo familiare preesistente, portatore di una logica pragmatica. La sua reazione non è di consolazione, ma di rottura.

La sua decisione – “me ne vado e tornerò solo se troverò tre persone più matte di voi” – non è un semplice atto di stizza. È l’avvio di un’indagine etnografica. Lo sposo inverte il canone della fiaba: non cerca la fortuna o una principessa, ma la prova empirica che la follia della sua nuova famiglia sia, se non normale, quantomeno non eccezionale.

Questo viaggio lo pone nel ruolo dell’osservatore partecipante. Incontrando individui che tentano di far entrare il sole in casa con un secchio o di abbeverare una mucca con un cucchiaio, lo sposo opera una relativizzazione della stupidità.


3. La Funzione Sociale: Catarsi e Integrazione

Il ritorno dello sposo a casa è la chiave di volta antropologica della fiaba. Il suo viaggio non si conclude con la scoperta della “ragione”, ma con l’accettazione della “ragionevolezza” della propria sorte. Il mondo, scopre, è intrinsecamente irrazionale.

“Cicco Petrillo” svolge quindi una duplice funzione sociale:

  1. Funzione Catartica: La fiaba opera per iperbole. Portando l’ansia per il futuro a un livello di parossismo comico (il lutto per un non-nato), permette all’ascoltatore di ridimensionare le proprie, più legittime, preoccupazioni. È una valvola di sfogo che usa la risata per disinnescare la paura.
  2. Funzione di Integrazione: È una storia sulla formazione di una nuova famiglia. Lo sposo (l’esterno) non “cura” la follia della moglie e dei suoceri. Egli accetta che quella “follia” – quell’intrico di paure condivise, legami emotivi e rituali bizzarri – è ciò che costituisce la famiglia stessa. Per integrarsi, deve accettare il “Cicco Petrillo” che ogni nucleo familiare porta con sé.

Conclusione

Lungi dall’essere un mero intrattenimento, “Cicco Petrillo” si rivela un testo folklorico denso di significato. È una riflessione sulla negoziazione tra il pragmatismo necessario alla sopravvivenza e le paure irrazionali che definiscono la nostra umanità. La fiaba ci insegna che la logica assoluta è forse una forma di follia essa stessa, e che la vera saggezza risiede, forse, nell’accettare il proprio posto tra i “matti” che abbiamo scelto di chiamare famiglia.