|

La notte che le masche passarono per la stalla

Si dice che certe persone abbiano un’ombra addosso, una specie di bersaglio che solo loro vedono. La Magna, sì, quella donna grossa e silenziosa, pareva portarselo dietro da sempre. E da sempre c’era chi mormorava: “Le masche l’hanno presa di punta.”

Le masche. Creature senza volto e senza nome. Spiriti, forse. Donne antiche che non se ne sono mai andate. Si muovono tra i muri e le pieghe della notte. E a volte, passano.

Quella sera, la Magna era nella stalla, mezza addormentata, col filo della calza tra le dita. Fuori, il cielo era basso e greve, il silenzio spesso come lana bagnata. La mucca masticava lenta, e il vitellino dormiva accanto a lei. Tutto era fermo, sospeso.

Poi, all’improvviso, Martino rientrò. L’aria che si portava dietro era strana, come se l’avesse raccolta da un luogo troppo vuoto.

“Non c’è più il vitello.”

“Cosa?”

“È sparito.”

E lo era davvero. Sparito. Nessun segno. Nessun rumore. Nessuna porta aperta. Solo… il nulla.
La Magna era stata lì. Eppure non si era accorta di niente. Né un cigolio. Né un passo. Né un fremito nella stalla. Come se il tempo si fosse fermato mentre qualcosa passava a prendere ciò che voleva.

La mucca non muggiva. Nessun lamento, nessuna fame. Una calma strana, innaturale.

All’alba, la casa si svegliò con la gola stretta. I bambini, i figli, i vicini — tutti si misero a cercare. I vecchi cortili chiusi, i fienili, i campi, i cunicoli. Ma nulla. Il vitellino era scomparso come una goccia nel mare.

“Hai dormito. Te l’hanno preso da sotto il naso.”

Dicevano. Ma lei no. La Magna sapeva. Non lo disse, ma lo sapeva.

E poi, la sera. La pioggia cadeva dritta e sottile, come aghi sul tetto. Tutti di nuovo in stalla, stretti, in attesa di qualcosa che nessuno osava nominare.

Fu allora che si sentì. Un verso. Breve. Lontano. Poi il muggito della mucca, secco, improvviso, come se qualcosa l’avesse chiamata da un altro lato del mondo.

Corsero alla porta. E lì, il vitellino. In piedi. Immobile. Asciutto. Pulito. Come se fosse stato custodito in un luogo dove la pioggia non cade, dove il fango non esiste, dove nulla si sporca.

La Magna lo guardò negli occhi. E vide qualcosa. Un velo. Un riflesso che non apparteneva a quella stalla, né a quel mondo.

Non chiese. Non parlò.

Solo sussurrò, con voce bassissima:
“Le masche… hanno riportato indietro quello che non volevano più.”

E nessuno, quella notte, trovò davvero pace nel sonno.

Rielaborazione da un racconto del nostro archivio proveniente da Osasio in provincia di Torino