(in basso potete ascoltare dei racconti) 

  INIZIALMENTE…   …questo spazio aveva una destinazione diversa, poi è diventato di necessità un ambiente da esposizione, per ospitare alcuni oggetti artigianali “ereditati”. Si tratta innanzitutto di alcuni cesti intrecciati, che facevano parte di una grande mostra allestita 50 anni fa dal prof. Gastone Venturelli per il Centro Tradizioni Popolari di Lucca, che aveva appena fondato. Lo studioso, nativo di Eglio, un paese della Garfagnana, aveva raccolto parecchi cesti nella provincia di Lucca, poi li aveva catalogati e inseriti in una guida per illustrarne le caratteristiche di fabbricazione e d’uso; questi manufatti della civiltà contadina furono quindi messi in mostra in varie località italiane ed europee. Dopo la morte prematura del professore, avvenuta nel 1995, fu inaugurata a Piazza al Serchio la Biblioteca Comunale, con l’intitolazione allo stesso Gastone Venturelli, storico delle tradizioni popolari ed esperto del maggio drammatico; in quell’occasione la Prof.ssa Maria Elena Giusti, sua erede, donò alla nuova biblioteca alcuni di quei cesti.  Nel 2019 nacque il Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico e si pensò di spostarli in questa sede (dedicata alla tradizione folklorica nei suoi aspetti fantastici e immateriali: i racconti), poiché la biblioteca fu chiusa in seguito al terremoto del 2013. I cesti vennero così ad abbellire le nicchie di questa piccola sala. Accanto ad ogni oggetto intrecciato si legge il nome sul cartellino e, inquadrando col cellulare o col tablet il QRcode,  ci si connette ad un breve testo descrittivo dell’oggetto stesso.
     
 
   IL TELAIO   Questo telaio dell’Ottocento cattura l’attenzione per la sua mole. E’ stato acquistato nel paese di Ponteccio (comune di Sillano-Giuncugnano); è robusto, ben conservato e perfettamente funzionante e attende solo che mani esperte lo facciano rivivere. Faceva parte di un gruppo di tre telai in legno che furono comprati col contributo della Regione Toscana nella seconda metà degli anni Ottanta: dovevano servire a realizzare dei laboratori didattici operativi per le scuole del territorio e così fu per diversi anni. Su questo telaio hanno lavorato, oltre ai ragazzi di Piazza e di Magliano, anche gruppi di donne adulte che volevano apprendere l’arte della tessitura. L’Amministrazione Comunale, concedendone l’installazione qui al Museo, insieme ai cesti, ha di fatto permesso il salvataggio di questi oggetti dei secoli scorsi, che altrimenti si sarebbero deteriorati in qualche deposito.       Ma che senso ha collocare un telaio e dei cesti in un museo che non si qualifica come etnografico? Certamente esiste un legame culturale tra fiabe e leggende dell’immaginario, narrate nelle case davanti al camino acceso o nel tepore delle stalle alla luce delle lanterne, e la pratica tutta manuale del tessere e dell’intrecciare che impegnava uomini e donne durante le serate “a veglio”. Anche i racconti popolari sono frutto della stessa millenaria cultura contadina, arrivati a noi oralmente come la maggior parte dei saperi tramandati da quella cultura. In più, c’è una relazione più profonda, simbolica, che lega le storie alla combinazione varia dei vimini o dei filati: la varietà dei motivi e degli intrecci, la fantasia dei colori e delle immagini, la continua produzione di varianti in corso di trasmissione che osserviamo nelle tessiture, sono caratteristiche che troviamo anche nella tradizione orale dei racconti. Potremmo definire questo telaio una grande metafora ‘concreta’ delle narrazioni popolari.    

LA  FILATURA E LA TESSITURA NEL MITO E NELLA POESIA…
La sua presenza ci rinvia inoltre all’immagine della donna che per secoli ha utilizzato questo strumento di lavoro, così ricorrente nelle fiabe come il fuso e l’arcolaio. Il telaio è anche un simbolo della memoria che lega noi, donne e uomini della modernità, al mondo antico e alla dimensione del mito. Tutti sanno che Penelope tesseva una tela per ritardare le nozze con uno dei Proci. E sempre nell’Odissea, come ricorda in un saggio* il prof. Borghini, direttore del Museo, le dee Circe e Calipso lavoravano al telaio e intanto diffondevano il loro canto. Voci e gesti arcaici che si ritrovano nell’Eneide, quando il pio Enea si accosta senza approdare alle sponde del Circeo dove risuona nelle selve inaccessibili il “canto assiduo” di Circe che tesse al telaio. E ancora, pochi secoli dopo, Proserpina, nel poema incompiuto di Claudiano (“De raptu Proserpinae”), cantava e tesseva nella casa prima che Plutone la rapisse e la conducesse come sua sposa nell’oltretomba. L’immagine della donna che canta mentre fila o lavora al telaio viaggia attraverso i secoli e riaffiora potente nell’icona più moderna della Silvia leopardiana: la ragazza, destinata a morte prematura, fa risuonare il suo canto dall’interno della casa, come le antiche dee: . Ma si potrebbe continuare fino al Novecento, quando Pascoli, nei “Canti di Castelvecchio”, incontra “la tessitrice”, che gli fa posto sulla panchetta. Questa volta però l’incanto è rotto, perché il poeta incredulo trova una presenza muta, che si rivela alla fine il fantasma di una morta. Nel Pascoli vive la reminiscenza di Virgilio, ma il canto della donna si è spento; mentre la spola passa e ripassa, anch’essa muta, il poeta piange e chiede sgomento alla tessitrice perché quel telaio non risuoni più.
*“Leopardi, A Silvia: un modello antico (Claudiano); il nome di Silvia” di Alberto Borghini e Mario Seita.

… E NELLA FIABA
Il tema della filatrice e/o tessitrice è ben presente nella fiabistica italiana e soprattutto europea, attraverso autori celebri (Basile, Perrault, i fratelli Grimm, Andersen e altri). Non dobbiamo però dimenticare che quelle fiabe vivevano e circolavano prima di loro, in forma orale e non scritta, senza paternità d’autore, con infinite varianti, che dipendevano dai narratori, dal pubblico, dai luoghi, dai tempi storici e dal contesto immediato in cui si raccontavano. I grandi autori di fiabe le hanno semplicemente raccolte e trascritte, fissandole in una lingua d’arte, in uno stile, in una variante che è anche il risultato di personali modificazioni rispetto alla narrazione.
Il motivo della filatura/tessitura, attività eminentemente femminile, ci fa incontrare oggetti e utensili* oggi caduti in disuso, che in ambito popolare erano per così dire attributi della femminilità; inoltre, fatto ancor più interessante, ci mostra il contesto sociale e psicologico in
cui operavano le donne: un contesto di assoluta povertà e segregazione da cui desideravano emanciparsi. In alcune fiabe-tipo, il filatoio o il telaio sono l’unica realtà esistenziale della ragazza povera o ridotta in stato di semi-schiavitù (così in alcune versioni di Cenerentola); in altre si vuole nobilitare, valorizzare la ragazza che fila e tesse come esempio di moralità operosa, spesso contrapposta ad un altro modello, negativo, che è quello della ragazza oziosa e scioperata (Le due sorelle; La filatrice pigra); in altre ancora gli strumenti del mestiere diventano causa o pretesto per un sortilegio (nelle versioni de La bella addormentata), o mezzi per determinare il destino altrui (Tremotino; Ziricochel), o preludio ad una grande fortuna (come in alcune versioni medievali della leggenda di Berta, che darà luogo all’espressione “ai tempi di Berta che filava”).
Segue una rassegna di alcune delle principali fiabe che contengono il tema della filatura/tessitura.

GLOSSARIO
ROCCA: Strumento per la filatura a mano, formato da un’asta di canna o di legno leggero, lunga circa un metro, che ad un’estremità presenta un rigonfiamento sul quale si arrotola la fibra tessile.
ROCCHETTO: Strumento cilindrico, in genere di legno, usato in tessitura per avvolgervi il filato.
ASPO: Strumento girevole, anticamente in legno, usato per avvolgere il filo in matasse, un tempo formato da un insieme di pioli a forma di X.
FUSO: Strumento di legno arrotondato sul quale viene avvolto il filato,che serve a filare, a torcere e arrotondare il filo; è rigonfio al centro e sottile alle estremità.
ARCOLAIO: Apparecchio per ridurre le matasse di filo in gomitoli, composto da un asse verticale, dal girello che sostiene il castello di stecche di legno e da una ruota azionata a pedale.
CONOCCHIA: Sinonimo di rocca.
PENNECCHIO: Quantità di lino, canapa o altra fibra tessile che, sistemata in forma di cono, viene avvolta o appoggiata intorno alla rocca per essere filata attraverso il fuso.
GUINDOLO: Strumento usato dai filatori per trarre la seta dai bozzoli o per dipanare le matasse. E’ usato come sinonimo di bindolo, aspo, arcolaio.
MATASSA: Filato tessile continuo, avvolto in spire ordinate su un supporto, di solito girevole (aspo o guindolo).
TELAIO: Macchina tessile dotata di organi adatti all’intreccio di due o più filati per confezionare un tessuto mediante varie modalità di esecuzione, la più semplice delle quali è costituita dall’ordito e dalla trama. Nel tipo primitivo di tale macchina gli organi sono manovrati a mano e con pedali.
 
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