La solitudine di Santa Claus:

Un viaggio nelle tradizioni invernali e nelle metamorfosi dei donatori di doni

Nel cuore dell’inverno, un periodo che si estende simbolicamente dal 31 ottobre al 3 febbraio, i territori eurasiatici si trasformano in teatri di riti antichi, maschere ferine e canti augurali. In Romania, ad esempio, le “colinde” natalizie vengono cantate da gruppi di giovani che visitano casa per casa, mentre in Slovenia e Croazia figure mascherate come i “Kukeri” o i “Zvoncari” sfilano per scacciare gli spiriti maligni. In Germania, il corteo di Perchta, una figura dalle sembianze inquietanti, ricorda agli abitanti l’importanza di mantenere l’ordine e la pulizia per il nuovo anno. Questi rituali non solo rafforzano i legami comunitari, ma esprimono anche le paure e le speranze delle comunità. Questi riti, profondamente radicati nelle culture popolari, portano con sé una vorticosa circolazione di doni, simbolo di legami comunitari e di gerarchie sociali. Ma chi erano i protagonisti di questi rituali? E come sono stati progressivamente soppiantati da figure oggi familiari come Babbo Natale e la Befana?

Claudio Corvino, antropologo e scrittore di grande esperienza, ci guiderà alla scoperta di queste antiche tradizioni nel corso dell’evento intitolato “La solitudine di Santa Claus”. L’appuntamento, previsto per il 9 gennaio 2025 presso il Museo di San Michele, offrirà una riflessione sui cambiamenti culturali che hanno trasformato un pantheon di donatori misteriosi in figure ormai iconiche e solitarie.

Dalle processioni rituali a San Nicola

Nei tempi antichi, durante il periodo invernale, le comunità eurasiatiche erano solite radunarsi intorno a fuochi rituali, scanditi da suoni assordanti, canti e filastrocche. Figure mascherate, a volte spaventose, attraversavano i villaggi, portando auguri di prosperità o ammonimenti severi. Uno dei protagonisti più diffusi di queste celebrazioni era San Nicola, una figura che incarna al tempo stesso il donatore benevolo e il severo giudice morale. In Olanda, ad esempio, San Nicola, noto come Sinterklaas, viene celebrato con grande fasto il 5 dicembre: i bambini lasciano scarpe vicino al camino aspettando dolci e piccoli regali, mentre i meno virtuosi rischiano di ricevere carbone. In Germania, Nikolaus arriva il 6 dicembre accompagnato dal temuto Knecht Ruprecht, che punisce i bambini disobbedienti. Nei paesi slavi, San Nicola è spesso associato ai miracoli e alle leggende, come quella della dote alle tre ragazze povere, che gli hanno conferito il ruolo di protettore delle famiglie e dei meno fortunati. Queste tradizioni regionali riflettono la varietà di significati attribuiti a questa figura nel corso dei secoli.

Conosciuto in molteplici versioni attraverso l’Europa, San Nicola è stato una presenza costante durante il cosiddetto “Tempo di Natale”, che potrebbe essere altrettanto definito “Tempo di San Nicola”. Ma con il progredire dei secoli, il suo ruolo, insieme a quello di altri portatori di doni, ha subito una significativa metamorfosi.

Il trionfo della borghesia e la nascita di Santa Claus

L’Ottocento segna un punto di svolta nella storia delle tradizioni natalizie. In questo periodo, il “Trionfo della borghesia” e la crescente enfasi sulla vita domestica hanno trasformato non solo la figura di Santa Claus, ma anche altri aspetti delle festività. Ad esempio, l’albero di Natale, che inizialmente era una tradizione circoscritta ad alcune regioni tedesche, è diventato un simbolo universale grazie all’influenza della Regina Vittoria e del Principe Alberto. Le celebrazioni pubbliche si sono spostate verso la sfera privata, con una maggiore attenzione ai regali personalizzati e ai rituali familiari. Anche la musica natalizia ha subito un’evoluzione: inni religiosi hanno lasciato spazio a canti più leggeri e gioiosi, come “Jingle Bells”, riflettendo il desiderio di rendere il Natale un momento di intima felicità. Questi cambiamenti segnano l’inizio di una festività più commerciale, ma anche più inclusiva, adatta alle sensibilità della nuova classe borghese. Il “Trionfo della borghesia” ha introdotto una nuova sensibilità verso la privacy e una sorta di “religione domestica”. In questo contesto, i media hanno contribuito a semplificare e uniformare le tradizioni, concentrando l’attenzione su una figura unica: Santa Claus.

Santa Claus, derivato dalla tradizione olandese di Sinterklaas, è diventato l’emblema del Natale moderno. La sua immagine è stata modellata e diffusa attraverso diversi media, a partire dalla letteratura ottocentesca con il poema “A Visit from St. Nicholas” (meglio noto come “The Night Before Christmas”), che ne ha fissato l’aspetto gioviale e la caratteristica slitta trainata dalle renne. Successivamente, la pubblicità ha svolto un ruolo cruciale: la Coca-Cola, negli anni ’30 del Novecento, ha consacrato l’immagine di Santa Claus con illustrazioni iconiche che lo rappresentavano come un uomo robusto, sorridente e vestito di rosso. Queste rappresentazioni hanno contribuito a unificare e standardizzare l’idea di Babbo Natale su scala globale, trasformandolo in un simbolo universalmente riconoscibile delle festività natalizie. La sua immagine, quella di un uomo gioviale che scende dal camino per premiare i bambini con regali, ha gradualmente sostituito l’ampia varietà di donatori soprannaturali del passato. In questo processo di trasformazione, Santa Claus ha perso ogni connotazione punitiva, incarnando esclusivamente il lato benevolo delle tradizioni natalizie.

La solitaria presenza della Befana

Accanto a Santa Claus, una delle poche figure sopravvissute è la Befana. Mentre Santa Claus incarna l’universalità del Natale globalizzato, con la sua immagine gioviale e benevola diffusa dai media e dalla pubblicità, la Befana resta una figura locale e profondamente legata alla tradizione italiana. In molte regioni d’Italia, la Befana è celebrata come una vecchina che porta doni ai bambini buoni e carbone ai meno obbedienti, un ruolo che conserva una componente educativa ormai scomparsa in Babbo Natale. Tuttavia, a differenza di Santa Claus, la Befana mantiene un legame con le antiche tradizioni agrarie e con il ciclo naturale dell’inverno, richiamando i riti di passaggio e di purificazione del nuovo anno. Questo confronto tra le due figure mette in luce il contrasto tra la modernità globalizzante e le radici locali delle festività natalizie. Questa figura affascinante e misteriosa, legata alla cultura italiana, è anch’essa portatrice di doni, ma rimane una presenza marginale e solitaria. La Befana, che vola sui tetti nella notte dell’Epifania, sembra rappresentare un ponte tra le antiche tradizioni e la modernità, ma il suo ruolo si riduce sempre più a una figura folkloristica.

Un viaggio nelle metamorfosi culturali

Durante l’incontro, Claudio Corvino esplorerà le tappe e le ragioni di queste metamorfosi, offrendo uno sguardo affascinante sulle trasformazioni delle tradizioni invernali. Con un approccio che spazia dall’antropologia alla storia culturale, Corvino metterà in luce come la complessità di queste figure sia stata ridotta a poche immagini iconiche, riflettendo i cambiamenti sociali e culturali dell’era moderna.

Un evento da non perdere

L’incontro “La solitudine di Santa Claus” si terrà il 9 gennaio 2025 alle ore 21, presso il Museo di San Michele, in Via Ducale 4. Sarà possibile partecipare sia in presenza che online, previa prenotazione al link: https://bit.ly/gennaio24museo. Un’occasione unica per riscoprire le radici delle nostre tradizioni e riflettere sul significato culturale di figure che accompagnano i nostri inverni.

Con il suo vasto repertorio di studi, Claudio Corvino promette di rendere questa serata un viaggio coinvolgente e istruttivo attraverso le storie, i miti e le leggende che hanno plasmato il nostro immaginario collettivo.